Leibniz




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Per il filosofo Leibniz l’ordine del mondo esiste, tuttavia esso non è necessario: è libero ed organizzato spontaneamente. La filosofia di Leibniz è dunque finalizzata a dimostrare questo concetto.
Leibniz sostiene che nulla accade che sia assolutamente irregolare: se si tracciano dei punti a caso, esiste una linea costante che vi passa nell’ordine in cui la mano li ha tracciati. In una linea retta o circolare è per esempio possibile trovare l’equazione comune a tutti i loro punti, in virtù della quale tutti i mutamenti stessi della linea sono spiegati. Allo stesso modo è il mondo: in qualunque modo esso sia stato fatto da Dio, risulta sempre ordinato.
Per Spinoza, dunque, nel mondo c’è un solo ordine, che è Dio stesso. Per Leibniz, invece, il mondo è frutto di una scelta di Dio che, tra i vari ordini con cui poteva crearlo, ha scelto il migliore.
Questa conciliazione tra finalismo e meccanismo è la stessa che Leibniz auspica anche in campo politico e religioso.

Verità di ragione e di fatto


Leibniz sostiene che ordine non significa necessità, in quanto la necessità non esiste nel mondo reale, ma solo in quello della logica.
Nel mondo esistono due tipi di verità: 
1) di ragione (esempio: il triangolo ha tre lati), che sono necessarie (ed infatti non riguardano il mondo reale). Esse ripetono nel predicato ciò che già si desume nel soggetto. Sono verità infallibili, e seguono il principio di identità e di non contraddizione. Tuttavia non dicono nulla riguardo la realtà esistente. Sono innate, e quindi non sono chiare e distinte, ma confuse. Sono piccole percezioni, come le piccole venature sulla statua di Ercole: bastano pochi colpi di martello ed esse sono delineate. Nel caso delle verità di ragione, il martello sarebbe l’esperienza, che riesce a renderle chiare e distinte, sebbene esse siano principi primi e quindi non derivano dall’esperienza.
2) di fatto: queste verità riguardano la realtà effettiva e non seguono il principio di non contraddizione, ovvero il loro contrario è possibile. Seguono però il principio di ragione sufficiente, il quale afferma che nulla si verifica senza che sia possibile fornire una ragione che basti a spiegare perché è così e non in altro modo. Queste verità esistono e, sebbene contribuiscano a creare l’ordine del mondo, non sono necessarie ma libere.
Ad esempio, perché tra tutti i mondi possibili questo è il solo reale? Il principio di ragione sufficiente di questa scelta di Dio e che accompagna questa verità di fatto è che tra tutti questo era il migliore possibile.
Esiste però anche una causa finale: se Dio ha scelto il mondo migliore, è per un fine.

La sostanza individuale


Nelle verità di ragione il soggetto è identico al predicato, e non si può perciò negare questo predicato senza contraddirsi.
Nelle verità di fatto, invece, il predicato può anche essere negato. Perciò il soggetto deve contenere la ragione sufficiente del suo predicato. Questo soggetto di una verità di fatto è chiamato da Leibniz sostanza individuale, la quale ha un significato così profondo da far dedurre, partendo dal soggetto, tutti i suoi predicati. E’ l’essenza stessa del soggetto, e i predicati si desumono dunque dalla sostanza individuale. 
L’uomo, che non ha mai una nozione compiuta della sostanza individuale, è costretto a desumere dall’esperienza e dalla storia i predicati di una sostanza individuale.
Dio invece conosce la ragione sufficiente di tutti i predicati di tutti i soggetti del mondo, per cui sa in anticipo come ognuno di noi si comporterà nella sua vita. Questo non significa che ognuno di noi sia obbligato a fare certe cose, ma solo che Dio è certissimo che ci comporteremo in un certo modo poiché la nostra natura è quella e segue l’ordine voluto da Dio.

La forza


Nel campo della fisica, Leibniz rinuncia alla costituzione atomistica della materia nel formulare la legge di continuità, secondo cui per passare dal piccolo al grande bisogna passare attraverso infiniti gradi intermedi: il processo di divisione non può dunque fermarsi ad elementi indivisibili (atomi), ma deve procedere all’infinito.
Inoltre egli rinuncia a vedere nell’estensione e nel movimento – elementi della fisica cartesiana - gli elementi originari del mondo fisico. Per Leibniz l’elemento originario del mondo fisico è invece la forza, giacchè il principio dell’immutabilità della quantità di movimento di Cartesio risulta essere falso. 
Ciò che resta invariabile non è infatti la quantità di moto ma la forza viva (cioè l’energia cinetica), pari alla massa per la velocità al quadrato. 
La forza è la possibilità di produrre un determinato effetto.
Movimento, spazio e tempo, invece, non sono reali, ma enti della ragione. Ciò che è reale è solo la forza.
In altre parole, Leibniz accetta sì il meccanicismo cartesiano, e cioè il concetto che tutto si spiega in funzione di figura e movimento, ma capisce anche che esse fanno capo a qualcosa di superiore, che è appunto la forza.
La forza può essere attiva passiva (quest’ultima è la massa del corpo, che fa resistenza alla forza attiva). La forza passiva, ridotta a forza, è dunque anch’essa incorporea. Tutto è dunque spirito, poiché tutto è forza. In questo modo Leibniz pone fine al dualismo cartesiano tra sostanza estesa e sostanza pesante.

La monade


Il filosofo Leibniz, come dimostrato, sostiene che non vi è differenza tra res cogitans e res extensa, e dunque l’unico è l’elemento che compone sia il mondo dello spirito che quello dell’estensione. 
Nel mondo metafisico l’essenza delle cose è la sostanza individuale. Ma anche i corpi fisici hanno una loro “forma sostanza” che corrisponde alla sostanza individuale: la monade.
La monade è un atomo senza pareti, privo di estensione e spirituale.
La monade è eterna e indisgregabile: solo Dio può crearla o annullarla.
Ogni monade è diversa l’una dall’altra, e infatti in natura nessun essere è perfettamente identico. Questo principio è ciò che Leibniz chiama identità indiscernibili. Ora, le monadi non possono influenzarsi a vicenda, ma sono come mondi chiusi privi di “finestre”. Le altre monadi sono però presenti in ogni monade in modo ideale, al punto da essere “uno specchio vivente dell’universo”.
La monade possiede la percezione (anche senza la coscienza di percepire) e l’appetizione (cioè il tendere da una percezione all’altra). La coscienza della percezione è invece l’appercezione, e la possiedono solo le monadi più elevate.
Il grado di perfezione della monade dipende dai gradi delle sue percezioni. Per esempio Dio è superiore a tutte le altre monadi perché le altre monadi rappresentano solo un punto di vista del mondo: Dio, invece, tutti quanti. Inoltre li rappresenta con più chiarezza. Le altre monadi sono invece confuse, come in uno stato di delirio o sonno. 
La memoria è posseduta anche dalle monadi animali. Anche loro possiedono un’anima infatti, seppure semplice. La RAGIONE è invece propria degli uomini.
Materia: Anche la materia è costituita dalle monadi, ed è perciò un aggregato di sostanze spirituali, e per questo infinitamente divisibile.
E’ come un giardino di piante o uno stagno di pesci, solo che ciascun ramo di ogni pianta è ancora una volta un giardino.
La materia può essere seconda, quando si intende un aggregato di monadi e PRIMA quando si intende la potenza passiva (la forza di inerzia) presente nella monade. La potenza passiva, nelle monadi superiori come le persone sono le percezioni confuse.
Il corpo degli esseri è dunque la materia seconda, un aggregato tenuto insieme dall’anima (che è la monade dominante).
Anima e corpo seguono leggi indipendenti (l’anima segue il finalismo, mentre il corpo il meccanicismo) e si distinguono solo nella loro capacità di percepire.
Non è possibile spiegare come le azioni del corpo influiscano sull’anima e viceversa. Nasce allora il problema di determinare il rapporto tra anima e corpo.
Ma prima: come determinare la comunicazione tra le monadi, visto che le monadi sono finestre chiuse, senza possibilità di comunicare direttamente?
Questo è possibile perché le monadi sono anche legate insieme, perché ognuna è un aspetto del mondo, una rappresentazione meno chiara di tutte le altre. Sono come tante vedute della medesima città, che insieme danno una veduta complessiva dell’universo, espressa invece totalmente nella monade suprema, cioè Dio.
Ogni monade però rappresenta più distintamente il corpo che le si riferisce, ma siccome esso rappresenta l’universo, rappresenta essa stessa l’universo.
Torniamo al problema del rapporto tra anima e corpo. Secondo Leibniz, possono esistere tre spiegazioni:
1) Anima e corpo sono come due orologi che si influenzano l’un l’altro, ma questo non è possibile perché essi seguono leggi eterogenee.
2) Allora può essere vera l'assistenza tra i due: sono due orologi cattivi messi in armonia da un abile operaio in ogni istante. Ma questo prevede di introdurre un “deus ex machina” in ogni evento naturale.
3) non resta che la terza opzione: i due orologi sono stati costruiti con tanta arte da essere sempre d’accordo per il futuro (armonia prestabilita) pur obbedendo a leggi differenti. 
Il corpo non è quindi influenzato dall’anima: è solo per l’armonia prestabilita al momento della creazione che anima e corpo si trovano in accordo in ogni istante.
Per cui la monade è totalmente innata, poiché non riceve niente dall’esterno, e così pure le sensazioni e le verità.
La monade esce quindi dalla sfera di Dio, ma è una folgorazione continua di Dio, limitata dalla sua imperfezione.
La filosofia di Leibniz diventa dunque speculazione teologica.
L’ultima parte della sua filosofia concerne dunque le prove relative all’esistenza di Dio, finendo poi con le considerazioni sull’esistenza del male e della libertà.

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